giovedì 9 febbraio 2017

Caffè macchiato

a cura di Barbara Pellegrino


È un po’ che una parola bombarda le nostre fragili menti. Gli intenditori del savoir vivre ci spiegano che la vera causa dei mali del mondo risiede nel fatto che non viviamo il quotidiano con “creatività”. Poiché a volte comprendo per definizioni, mi sono chiesta cosa si intenda per creatività, ma, non trovando soddisfazione nei dizionari, sono andata al secondo passo, ovvero, quando la teoria non aiuta, mi aiuto con gli esempi.
Quindi, alla loro ricerca, ho iniziato a guardarmi attorno.
Tutto ciò che ho percepito, però, era avvilente banalità, me compresa, finché non mi sono resa conto che, invece di aspettarmi l’inatteso fulmine che mi rischiari il grigiore incombente, il guizzante risolutore genio della lampada forse posso essere io.
Ho deciso quindi che la creatività non è inventare dal nulla, ma piuttosto, sviluppare in modo diverso.
Anche da discenti, per esempio, non memorizziamo solo nozioni, ma soprattutto proviamo a capire contenuti, connettere fatti, riorganizzare idee, rendere funzionali le teorie, sfruttare quanto possibile ciò che ci circonda o che già abbiamo.
Da tempo sono convinta che scoperte e invenzioni siano sempre state presenti in natura: le prime, intere; le seconde, in pezzi.
E li dobbiamo trovare noi.
Un mio vecchio insegnante soleva dire che gli alunni sono come grandi biblioteche disordinate, e che il suo compito era di mettervi ordine.
Sono d'accordo solo nella parte che ammette che ognuno di noi ha delle potenzialità. Non condivido, invece, che ci sia un ordine.
C’è un solo modo per svolgere un compito o far bene qualcosa?
La storia dimostra di no.
Il progresso umano è il risultato di anomale applicazioni della regola, è il prodotto di errori, incidenti, a volte disastri. E anche coloro che oggi chiamiamo geni sono quelli che in passato hanno pensato in un modo inconsueto (e spesso condannato).
Ma tutto quello che hanno fatto, molte volte, è stato solamente dare una nuova organizzazione o trovare un utilizzo alternativo. Hanno solo cambiato il loro punto di vista, hanno pensato in modo diverso da quello dell’epoca, e in questo modo hanno scritto  in modo sublime qualcosa che altrimenti sarebbe stato mediocre.
È così che intendo la creatività. Come un alfabeto: con un numero finito di lettere – che però può dare origine a un numero infinito di combinazioni – che rende possibile la creazione delle istruzioni del frullatore ma anche di capolavori letterari.
Le idee, però, non nascono da sole; il loro grembo deve essere nutrito in modo attivo, attraverso l’attenzione a cose, persone ed eventi che ci circondano, abbandonando la supponenza e il divano, e guardando tutto con curiosità e dubbio.
Ora credo mi preparerò un altro cappuccino: la maionese di quel cavolo di ricetta creativa me l’ha rovinato.





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